Prima del 1200 gli insediamenti urbani nella zona del quartiere Santa Croce erano decisamente scarsi. L’intera zona era caratterizzata da un fangoso e insano acquitrinio (da cui probabilmente il nome vanzo in dialetto veneto) periodicamente allagato dalle frequenti piene delle innumerevoli diramazioni del Brenta che sembra circondassero la città medievale di Padova. Le uniche costruzioni in pietra dell’epoca medievale erano edificate su piccolissime alture in grado di fornire una più solida base agli edifici. Si hanno notizie storiche di soli 4 edifici, tutti di culto:
- la Basilica Abbaziale di Santa Giustina, che fu edificata per la prima volta intorno al 520, ad opera di Opilione, sul luogo di un sepolcreto di epoca romana dove era stato conservato il corpo della martire cristiana Giustina; durante tutto il periodo medievale la basilica fu meta di pellegrinaggi e venne continuamente arricchita con marmi, preziose decorazioni e reliquie; fu anche numerose volte saccheggiata dalle diverse popolazioni barbariche che ripetutamente colonizzarono le coste dell’Adriatico fino alla fine del secolo X; dopo la tremenda devastazione degli Ungari del 914, la chiesa fu affiancata da un monastero benedettino e dotata di beni territoriali;
- il Monastero e la Chiesa della Misericordia, entrambi distrutti nel 1808, iniziarono ad essere edificati agli inizi del 900, in una zona attigua all’Abbazia di Santa Giustina dove ora sorgono lo stadio Appiani e il velodromo, con l’obiettivo di ospitare una comunità di vergini devote dedite alla regola benedettina; il monastero era dotato di beni territoriali propri e giuspatronati sull’intero territorio padovano;
- il Lebbrosario della Santa Croce, situato probabilmente dove sorge l’odierno monastero delle Suore Salesie con un annesso Oratorio;
- la Chiesa di Santa Maria delle Gratie, oggi sconsacrata, situata all’incrocio tra le attuali vie Configliachi e Cavalletto (?).
E’ presumibile che attorno a tali edifici esistessero piccoli insediamenti di contadini dediti alla lavorazione dei campi monasteriali. Non è documentata la presenza di insediamenti di pescatori prima delle estese bonifiche della zona iniziate nel 1189.
In precedenza, durante l’epoca romana, la zona a sud del Campo di Marte (l’attuale Prato della Valle) su cui sorgeva lo Zairo, un teatro romano presumibilmente simile all’arena romana di Verona, era utilizzata come sepolcreto. L’area era attraversata da un importante asse viario rettilineo in pietra, oggi noto come Corso Vittorio Emanuele II, naturale prolungamento del cardo massimo di Padova, che connetteva la città ai territori di Monselice e Este e conduceva fino a Bologna.
Nel 1117 una forte scossa di terremoto interessò gran parte del Veneto e distrusse l’intera città di Padova e le zone limitrofe. La basilica di Santa Giustina non sopravvisse a tale calamità e dovette essere in seguito interamente ricostruita. L’intero assetto idro-geologico del territorio padovano fu profondamente mutato dal sisma. Il fiume Brenta, per esempio, trovò un nuovo alveo che lo allontanò di qualche chilometro dalla città di Padova.
Sembra che proprio a causa delle ferventi attività di ricostruzione della città, per le necessità dovute al trasporto di materiali pietrosi provenienti soprattutto dalle zone di estrazione del vicentino, padovani e vicentini abbiano siglato un accordo sui diritti di navigazione fluviale e convogliato le acque di diversi torrenti della val d’Astico verso il nuovo corso del Bacchiglione, deviandolo dal suo precedente alveo costituito indicativamente dagli odierni canali Rialto e Vigenzone. Le acque del Bacchiglione furono intensamente utilizzate da Padova per alimentare i numerosi mulini che sorsero nei possedimenti dell’abbazia di Santa Giustina e del monastero della Misericordia e per riempire i fossati attorno alle mure medievali. Data l’importanza strategica di tale corso d’acqua Padova cercò di limitarne la navigazione ai vicentini con la costruzione di uno sbarramento all’altezza dell’odierno Bastione della Saracinesca e il contenzioso sfociò in un confronto bellico che durò dal 1142 al 1147. Fu durante tale confronto bellico che i Vicentini avviarono la costruzione del canale Bisatto, tra Longare e Monselice, per impoverire il flusso di acqua del Bacchiglione a valle della città di Vicenza. Il conflitto si risolse infine senza vincitori, con l’accordo di pace di Fontaniva del 1147 promosso dall’imperatore Federico Barbarossa, a cui interessava una pacificazione della zona, e perfezionato da Ezzelino da Romano, detto il Balbo. L’accordo regolava l’uso delle acque dei principali fiumi della zona (Adige, Brenta, Sile e Bacchiglione) da parte delle grandi città venete di pianura, ovvero Verona, Padova, Vicenza, Treviso e Venezia.
Fra il 1189 e il 1201 fu scavato dai Padovani il Canale Battaglia, una superstrada fluviale realizzata per collegare direttamente l’avamposto fortificato di Monselice e i Colli con la città di Padova. L’afflusso di numerosi lavoratori per la realizzazione dell’opera e il successivo insediamento delle famiglie di figure professionali legate al fiume come barcàri, cavalànti, cariolànti, sabionari, squeraròi, mugnai popolarono intensamente la zona della Santa Croce fino a costituire un vero e proprio borgo esterno alla città fortificata.
Mura trecentesche (Vincenzo Dotto)
Durante la signoria dei Carraresi il borgo Santa Croce era divenuto popoloso e il suo porto commerciale e militare strategicamente importante. Per tale motivo l’intera zona venne racchiusa all’interno della seconda cerchia di mura cittadine erette indicativamente tra il 1256 e il 1345. Le mure trecentesche erano molto alte ma poco profonde, idonee per difendere la città dalle numerose truppe nemiche che vagavano nel territorio circostante, armate dalle diverse signorie che si contendevano i territori veneti ed equipaggiate per lo più con archi, lance e spade. Ad Est e a Ovest le mure del borgo seguivano rispettivamente i tracciati dei fiumi Alicorno e Bacchiglione. Il larghissimo letto del Bacchiglione occupava una area più vasta di quella odierna, fino a lambire l’oratorio di Santa Croce. Le mure trecentesche erano quindi probabilmente edificate sull’attuale via Santa Maria in Vanzo per poi eseguire un’ampia curva e raggiungere il Bastione della Saracinesca. All’estremità meridionale delle mura, nell’odierno piazzale Santa Croce, sorgeva una porta d’accesso fortificata, difesa da una torre poligonale, che regolava tutto il traffico proveniente da Sud. Per una migliore protezione dei navigli il porto fu trasferito dietro la protezione della Saracinesca. Il porto del borgo di Santa Croce rimase comunque un punto di riparo per i burci in transito e sede di operosi cantieri navali.
Porta Saracinesca
Fino al 1405 Padova rimase una signoria largamente indipendente, sotto la guida dei Carraresi e per un breve periodo degli Scaligeri. Pur partecipando attivamente alle continue scaramucce con le signorie limitrofe, Padova conobbe in tale epoca il periodo di massimo splendore e opulenza come dimostrano le grandi opere artistiche e ingegneristiche intraprese dalla città. Il borgo Santa Croce, con la sua forte vocazione alle attività artigiane, fu un indispensabile supporto per l’evoluzione culturale di Padova e visse un periodo di notevole ricchezza e di incremento della popolazione. Nel 1405 comunque Padova fu definitivamente soggetta a Venezia. Pur perdendo importanza politica, la pace assicurata da Venezia permise di consolidare la vocazione culturale della città.
Nel 1509 Padova fu posta in assedio dalle truppe della Lega di Cambrai, una coalizione anti-veneziana voluta da papa Giulio II per distruggere la Repubblica di Venezia. Fu durante questa terribile esperienza, vissuta principalmente dal borgo Santa Croce, che divenne evidente l’inadeguatezza delle mure trecentesche rispetto alle nuove artiglierie. Il sistema di terrapieni e palificazioni predisposto per reggere all’assedio ottenne un grande successo contro le truppe dell’imperatore Massimiliano I e salvò di fatto il destino della Repubblica di Venezia. Le mura di Padova vennero dunque interamente riprogettate da Bartolomeo d’Alviano nel 1515 e finite di costruire una ventina di anni dopo. Il nuovo sistema difensivo di Padova prevedeva un perimetro dalla forma irregolare, basse mura larghe e robuste, grandi spianate, canali e fossati sempre alimentati dalle acque, enormi bastioni per le batterie di cannoni. Tali esigenze difensive mutarono fortemente l’assetto del borgo Santa Croce, considerato strategico per la difesa dei territori meridionali e dato che probabilmente da Sud sarebbero venuti nuovi assalti alla città. Nella parte meridionale delle mura vennero edificati dunque 3 nuovi bastioni:
- Bastione Alicorno, situato all’estrema propaggine meridionale delle mura, esattamente alla diramazione dei fiumi Bacchiglione e Alicorno
- Bastione Santa Croce, a difesa della porta di accesso meridionale della città, riposizionata a Sud-Est lungo l’Alicorno per poter difendere meglio il varco di accesso meridionale alla città
- Bastione di Santa Giustina, intermedio tra le porte Santa Croce e Pontecorvo, vitale per la difesa delle due basiliche e del Campo di Marte.
Dal bastione Alicorno fino al bastione Saracinesca fu tracciata una mura pressoché rettilinea che ridusse notevolmente l’ampiezza del letto del Bacchiglione, spostandolo più a Ovest, e creò un piccolo e pescoso lago interno alle mura nella zona dell’attuale Città Giardino. L’antica porta Santa Croce venne spostata nella sede attuale, sotto il bastione di Santa Croce.
Disegno del 1566 di Gasparo dell’Abaco
Questi interventi mutarono radicalmente l’aspetto del borgo Santa Croce. Il traffico commerciale, soprattutto di animali per il vicino macello, avveniva su una strada periferica a ridosso delle mura, sovrapponibile all’attuale via Sanmicheli. La via centrale non più in asse con la porta di accesso si trasformò da importante via di transito a strada esclusivamente residenziale. Molte delle attività artigianali legate al fiume progressivamente si spostarono nella zona dell’attuale Bassanello mentre la zona del Vanzo era abitata da gente dedita principalmente alla marineria o alla pesca. Le mura rinascimentali comunque non sarebbero mai state messe alla prova. La repubblica di Venezia, e di conseguenza la città di Padova, non vennero più minacciate da nessun esercito di terra straniero fino all’invasione delle truppe napoleoniche del 1808.
Pianta a volo d’uccello del 1617
All’interno delle mura rinascimentali il borgo della Santa Croce divenne dunque una prestigiosa zona residenziale e durante il Cinquecento vennero costruiti i principali edifici religiosi e privati del quartiere. Lungo l’asse viario dell’attuale Corso Vittorio Emanuele II si disposero strettamente contigue numerose abitazioni private con annesso brolo per la coltivazione di orti e di piante ornamentali. Numerosi ordini religiosi che in precedenza risiedevano all’esterno della città trovarono un’idonea sistemazione nel borgo:
Da completare …
- ultimazione dell’Oratorio di San Giovanni della Spada, ora Oratorio Madonna della Salute, iniziato nel 1430;
- avviato l’ammodernamento e l’ampliamento della Basilica di Santa Giustina, ricostruita frettolosamente e male dopo il terremoto del 1117; il cantiere rimase aperto fino al 1606;
- 1554 – Cappuccini.ridosso del bastione Alicorno venne eretto il convento degli “scapucini”.
- Misericordia.
- Convento delle cappuccine.
- Ospedale di San Cristoforo.
Nel Cinquecento, l’unico edificio religioso non interessato da attività edilizie fu l’Oratorio della Santa Croce, nel frattempo divenuto parrocchia. La costruzione della nuova chiesa sarà avviata solo nel 1737.
1560 – Palazzo Molin
1568 – Palazzo Papadopoli-Dolfin
Palazzo da Lezze
Palazzo Broccadello
casa Morsa
Palazzo Mistrorigo
1808 – Napoleone
1885 – Barriera daziaria
1907 – Tram
1922 – Piano regolatore di Città Giardino
1925 – Palazzo Esedra
Assetto del 1930 con creazione di Città giardino, foro boario, stadio di calcio.